file:///C:/Users/Dott.%20Carmine/Downloads/googlec2eada4b758b0748%20(1).html Dr. Carmine Capasso Otorino Bari: maggio 2011

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martedì 31 maggio 2011

La Gazzetta del Mezzogiorno.it | Vendola aumenta le tasse in Puglia: 100 milioni dall'Irpef «Aumento dopo elezioni» I sindacati: «Forte dissenso»

La Gazzetta del Mezzogiorno.it | Vendola aumenta le tasse in Puglia: 100 milioni dall'Irpef «Aumento dopo elezioni» I sindacati: «Forte dissenso»

venerdì 27 maggio 2011

Burnout (psychology)

Burnout (psychology)
From Wikipedia, the free encyclopedia
Burn-out
Classification and external resources
ICD-10 Z73.0

Burnout is a psychological term for the experience of long-term exhaustion and diminished interest. Research indicates general practitioners have the highest proportion of burnout cases; according to a recent Dutch study in Psychological Reports, no less than 40% of these experienced high levels of burnout. Burnout is not a recognized disorder in the DSM[1] although it is recognized in the ICD-10[2] as "Problems related to life-management difficulty".

The most well-studied measurement of burnout in the literature is the Maslach Burnout Inventory. Maslach and her colleague Jackson first identified the construct "burnout" in the 1970s, and developed a measure that weighs the effects of emotional exhaustion and reduced sense of personal accomplishment.[3] This indicator has become the standard tool for measuring burnout in research on the syndrome. The Maslach Burnout Inventory uses a three dimensional description of exhaustion, cynicism, and inefficacy.[4] Some researchers and practitioners have argued for an "exhaustion only" model that sees that symptom as the hallmark of burnout.[5]

Maslach and her colleague, Michael Leiter, defined the antithesis of burnout as engagement.[6] Engagement is characterized by energy, involvement and efficacy, the opposites of exhaustion, cynicism and inefficacy.[6]

Many theories of burnout include negative outcomes related to burnout, including job function (performance, output, etc.), health related outcomes (increases in stress hormones, coronary heart disease, circulatory issues) and mental health problems (depression, etc.).

The term burnout in psychology was coined by Herbert Freudenberger in his 1974 Staff burnout, presumably based on the 1960 novel A Burnt-Out Case by Graham Greene, which describes a protagonist suffering from burnout.[7]

La sindrome del burn-out

La sindrome del burn-out




Alcuni autori lo identificano con lo stress lavorativo specifico delle helping professions, altri affermano che il burn-out si discosta dallo stress per la depersonalizzazione, cui esso dà luogo, che è caratterizzata da un atteggiamento di indifferenza, malevolenza e di cinismo verso i destinatari della propria attività lavorativa.

Il burn-out può anche essere inteso come una strategia particolare adottata dagli operatori per contrastare la condizione di stress lavorativo determinata da uno squilibrio tra richieste/esigenze lavorative e risorse disponibili. Comunque esso va inteso come un processo multifattoriale che riguarda sia i soggetti che la sfera organizzativa e sociale nella quale operano.

Il concetto di burn-out (alla lettera essere bruciati, esauriti, scoppiati) è stato introdotto per indicare una serie di fenomeni di affaticamento, logoramento e improduttività lavorativa registrati nei lavoratori inseriti in attività professionali a carattere sociale. Questa sindrome è stata osservata per la prima volta negli Stati Uniti in persone che svolgevano diverse professioni d’aiuto: infermieri, medici, insegnanti, assistenti sociali, poliziotti, operatori di ospedali psichiatrici, operatori per l’infanzia.

Attualmente non esiste una definizione universalmente condivisa del termine burn-out. Freudenberger è stato il primo studioso a usare il termine “burn-out” per indicare un complesso di sintomi, quali logoramento, esaurimento e depressione riscontrati in operatori sociali americani.
Successivamente Cherniss con “burn-out syndrome” definiva la risposta individuale ad una situazione lavorativa percepita come stressante e nella quale l’individuo non dispone di risorse e di strategie comportamentali o cognitive adeguate a fronteggiarla.

Secondo Maslach, il burn-out è un insieme di manifestazioni psicologiche e comportamentali che può insorgere in operatori che lavorano a contatto con la gente e che possono essere raggruppate in tre componenti: esaurimento emotivo, depersonalizzazione e ridotta realizzazione personale. L’esaurimento emotivo consiste nel sentimento di essere emotivamente svuotato e annullato dal proprio lavoro, per effetto di un inaridimento emotivo del rapporto con gli altri. La personalizzazione si presenta come un atteggiamento di allontanamento e di rifiuto (risposte comportamentali negative e sgarbate) nei confronti di coloro che richiedono o ricevono la prestazione professionale, il servizio o la cura. La ridotta realizzazione personale riguarda la percezione della propria inadeguatezza al lavoro, la caduta dell'’autostima ed il sentimento di insuccesso nel proprio lavoro.

Il soggetto colpito da burn-out manifesta sintomi aspecifici (irrequietezza, senso di stanchezza ed esaurimento, apatia, nervosismo, insonnia), sintomi somatici (tachicardia, cefalee, nausea, ecc.), sintomi psicologici (depressione, bassa stima di sé, senso di colpa, sensazione di fallimento, rabbia e risentimento, alta resistenza ad andare al lavoro ogni giorno, indifferenza, negativismo, isolamento, sensazione di immobilismo, sospetto e paranoia, rigidità di pensiero e resistenza al cambiamento, difficoltà nelle relazioni con gli utenti, cinismo, atteggiamento colpevolizzante nei confronti degli utenti). Tale situazione di disagio molto spesso induce il soggetto ad abuso di alcool o di farmaci.
Gli effetti negativi del burnout non coinvolgono solo il singolo lavoratore ma anche l’utenza, a cui viene offerto un servizio inadeguato ed un trattamento meno umano.

Dagli studi presenti in letteratura e multifattoriale a determinare il quale concorrono: variabili individuali, fattori socio-ambientali e lavorativi.
Per l’insorgenza del burnout possono avere importanza fattori socio-organizzativi quali le aspettative connesse al ruolo, le relazioni interpersonali, le caratteristiche dell’ambiente di lavoro, l’organizzazione stessa del lavoro.
Inoltre sono state studiate le relazioni tra variabili anagrafiche (sesso, età, stato civile) e insorgenza del burn-out. Tra queste l’età è quella che ha dato luogo a maggiori discussioni tra i diversi autori che si sono occupati dell’argomento. Alcuni sostengono che l’età avanzata costituisca uno dei principali fattori di rischio di burn-out mentre altri ritiene invece che i sintomi di burnout sono più frequenti nei giovani, le cui aspettative sono deluse e stroncate dalla rigidezza delle organizzazioni lavorative.

Tra gli specialisti quelli più a rischio per il burn-out sono quelli che operano nell’ambito della medicina generale, della medicina del lavoro, della psichiatria, della medicina interna e dell’oncologia.

I risultati sembrano quindi indicare una polarizzazione tra “specialità a più alto burn-out”, dove spesso ci si occupa di pazienti cronici, incurabili o morenti, e “specialità a più basso burn-out”, ove i malati hanno prognosi più favorevole.
L’insorgenza della sindrome di burn-out negli operatori sanitari segue generalmente quattro fasi. La prima fase (entusiasmo idealistico) è caratterizzata dalle motivazioni che hanno indotto gli operatori a scegliere un lavoro di tipo assistenziale: ovvero motivazioni consapevoli (migliorare il mondo e se stessi, sicurezza di impiego, svolgere un lavoro meno manuale e di maggiore prestigio) e motivazioni inconsce (desiderio di approfondire la conoscenza di sé e di esercitare una forma di potere o di controllo sugli altri); tali motivazioni sono spesso accompagnate da aspettative di “onnipotenza”, di soluzioni semplici, di successo generalizzato e immediato, di apprezzamento, di miglioramento del proprio status e altre ancora.

Nella seconda fase (stagnazione) l’operatore continua a lavorare ma si accorge che il lavoro non soddisfa del tutto i suoi bisogni. Si passa così da un superinvestimento iniziale a un graduale disimpegno. La fase più critica del burn-out è la terza (frustrazione). Il pensiero dominante dell’operatore è di non essere più in grado di aiutare alcuno, con profonda sensazione di inutilità e di non rispondenza del servizio ai reali bisogni dell’utenza; come fattori di frustrazione aggiuntivi intervengono lo scarso apprezzamento sia da parte dei superiori che da parte degli utenti, nonché la convinzione di una inadeguata formazione per il tipo di lavoro svolto. Il soggetto frustrato può assumere atteggiamenti aggressivi (verso se stesso o verso gli altri) e spesso mette in atto comportamenti di fuga (quali allontanamenti ingiustificati dal reparto, pause prolungate, frequenti assenze per malattia.

Il graduale disimpegno emozionale conseguente alla frustrazione, con passaggio dalla empatia alla apatia, costituisce la quarta fase, durante la quale spesso si assiste a una vera e propria morte professionale.

Prof. Antonello Bellomo
specialista in psichiatria e psichiatria forense
Università di Foggia

giovedì 26 maggio 2011

BURNOUT: COSA FARE?

"Cos’hanno in comune medici, infermieri, poliziotti, giudici e insegnanti?
A prima vista poco o niente. Ma scavando si vede che tutti questi lavoratori si occupano da altre persone, facendosi spesso carico – con un vero e proprio transfer freudiano – dei loro problemi. Chi lavora in questi settori rischia quindi una nuova, insidiosa patologia, la sindrome da burnout, che a sua volta può manifestarsi con segni e sintomi psicosomatici gravi, quali mal di testa, contratture muscolari, ipertensione arteriosa, stipsi e affaticamento inspiegabile. Le forme più gravi possono comportare addirittura insonnia e depressione, ma non solo: sotto il profilo soggettivo, il burnout si presenta, con tre sintomi predominanti e in successione: fatica, cinismo e inefficienza.

La prima reazione allo stress indotto da esigenze di lavoro o cambiamenti significativi è considerata l’esaurimento. La persona in questo stato sente di avere superato il limite massimo di sopportazione psicofisica, fino a esserne quasi prosciugato, incapace di rilassarsi e ricuperare. Poi è il momento del cinismo, che si può considerare il segnale classico della seconda fase sintomatologica. Quando una persona diventa cinica, assume infatti un atteggiamento freddo e distaccato nei confronti del lavoro e dei colleghi. La psicologia del lavoro interpreta il cinismo quale reazione difensiva, nel senso che rappresenterebbe il tentativo di proteggere l’ego dall’esaurimento e dalla delusione. Forse l’indice più grave del burnout è però l’inefficienza, perché un individuo che si sente inefficiente prova un crescente senso di inadeguatezza e vive come opprimente qualsiasi progetto, anche atto a migliorare la sua condizione. Col tempo il lavoratore “bruciato” si sente sempre più incapace di realizzare qualcosa di valido e questo lo porta a perdere la fiducia in se stesso, con conseguente calo della fiducia che gli altri ripongono in lui.

Secondo gli esperti, la comparsa della sindrome da burnout è legata probabilmente ai cambiamenti sostanziali avvenuti sia nei luoghi sia nei metodi di lavoro. Oggi il posto di lavoro è infatti sentito freddo, ostile ed esigente, sia sotto l’aspetto economico sia psicologico, la qual cosa sfinisce a livello psicofisico molti lavoratori. Come migliorare la situazione? Prima di tutto occorre dare modo alle persone di sentirsi realizzate nell’ambito della propria attività, evitando per esempio che l’impegno umano della professione – come quella del medico o del poliziotto – non abbia il giusto riconoscimento economico. Questo progetto richiede ovviamente una completa rivisitazione della struttura aziendale, a partire dai rapporti interpersonali. Dal punto di vista pratico, infine, un approccio corretto a questo problema è quello che prevede una sorta di check-up organizzativo, da ripetersi con regolarità nell’arco del tempo. Ma occorre soprattutto che i dipendenti non subiscano il processo, bensì contribuiscano a stabilire cosa verrà valutato e siano parte attiva nel completare il controllo finale. Solo così i risultati ottenuti potranno riflettere veramente il punto di vista di tutti e quindi potranno fornire un quadro accurato dell’intera organizzazione."
(http://www.cardiometabolica.org)

Pink Floyd - Another Brick In The Wall

mercoledì 18 maggio 2011

L'osservatrice romana del 18 maggio 2011 - [ Il Foglio.it › L'osservatrice romana ]

L'osservatrice romana del 18 maggio 2011 - [ Il Foglio.it › L'osservatrice romana ]

Innamorato Fisso del 18 maggio 2011 - [ Il Foglio.it › Innamorato Fisso ]

Innamorato Fisso del 18 maggio 2011 - [ Il Foglio.it › Innamorato Fisso ]

LE ELEZIONI SECONDO PIEPOLI

Gli astrologi sono più seri dei sondaggisti, ci prendono di più. Nicola Piepoli è il "decano" dei veggenti politici, una via di mezzo tra un Sibillo Cumano e l'Oracolo di Arcore. A pochi giorni dalle elezioni comunali stroncò così le velleità del MoVimento 5 Stelle a Milano: "Sarà impalpabile, vale poco più dell'uno per cento." Il Piepolone sull' insuccesso del MoVimento non aveva dubbi, ci metteva le mani sul fuoco confortato dai suoi studi politico- astrologici di una vita. Il giorno dopo i sondaggisti (ma chi li paga?) si trasformano in opinionisti. Vanno in televisione a spiegare perché le loro analisi erano giuste anche se i numeri erano sbagliati. La cosa straordinaria è che li invitino, ancora più straordinario è che nessuno li prenda a calci nel culo. Anzi, più le sparano grosse, più la loro autorevolezza aumenta.
Il sondaggio è la prima arma elettorale di persuasione di massa. Se la maggior parte delle persone non vota per un certo partito è inutile votarlo. Sarebbe un voto disperso, inutile. La teoria del "voto utile" nasce da qui. Il sondaggio ti cancella e l'elettore, di riflesso, non ti prende più in considerazione. Il voto è utile solo se va al Pdl o al Pdmenoelle, i più grossi, le coalizioni. Il MoVimento 5 Stelle non era presente in quasi tutti i sondaggi o veniva inserito nella categoria "altri". Un lavoro metodico in cui i giornalai di sinistra e di destra hanno lavorato senza sosta omettendo il nome "MoVimento 5 Stelle" e sostituendolo con "grillini" per disorientare l'elettore. Gli stessi che ci hanno insultato per mesi con i termini più spregiativi ci chiedono ora di fare una scelta: "O di quà, o di là". Sono pregati gentilmente di non insistere. La scelta non è tra un partito o l'altro. Vent'anni di logiche spartitorie non hanno ancora aperto gli occhi a molte persone. Il MoVimento 5 Stelle è anti sistema, si batte per la scomparsa dei partiti che hanno trasformato la democrazia in partitocrazia. Il cittadino deve farsi Stato e i partiti devono fare le valigie. I partiti hanno incassato un miliardo di euro di finanziamenti pubblici. Sono l'acqua in cui vivono. Toglietegli l'acqua e i pesci, che si dividono tra piranha e squali, scompariranno. Sopra e oltre.

sabato 14 maggio 2011

giovedì 5 maggio 2011

La Gazzetta del Mezzogiorno.it | Precari della Regione «Noi vittime della lotta tra Puglia e Governo»

La Gazzetta del Mezzogiorno.it | Precari della Regione «Noi vittime della lotta tra Puglia e Governo»

Iurlaro: “Precari regione. Sinistra non strumentalizzi disagi che ha provocato"

Iurlaro: “Precari regione. Sinistra non strumentalizzi disagi che ha provocato"

Il Consigliere Regionale PDL Pietro Iurlaro ha diffuso la seguente nota:
“Non rendono un favore né alla verità né agli stessi interessati i Colleghi Losappio e Disabato quando se la prendono con il Governo nazionale per la bocciatura da parte della Corte Costituzionale della leggina sui 200 giovani precari che curano le misure POR.
Essi fingono di dimenticare di quale colore politico nettamente prevalente sia la suddetta Corte, a cominciare dal suo Presidente pro-tempore e dal relatore su questa vicenda. Quanto all’ineluttabilità di tale esito, gli stessi Losappio e Disabato ne erano tanto consapevoli da chiedere e votare l’abrogazione preventiva della legge in questione, con il risultato di irritare vieppiù la Corte stessa, che la ha per questo annullata nonostante la sua abrogazione in extremis, e di cui è ormai evidente il pessimo giudizio che nutre sul Governo-Vendola, se siamo alla tredicesima bocciatura negli ultimi tre anni.
A ciò si aggiunga che questa situazione si è creata per effetto della reiterata violazione da parte del Governo-Vendola del “patto di stabilità”, di cui l’Assessore al Bilancio in carica ha avuto financo l’impudenza di vantarsi.
Restano le gravissime responsabilità di questo governo e di questa maggioranza nei confronti di migliaia di Pugliesi, anche di qualità come quei 200 giovani professionisti, attratti di fatto nella trappola della precarietà con promesse sistematicamente non mantenute.
Per quanto ci riguarda, stiamo dimostrando la nostra solidarietà a questi giovani bravi ed incolpevoli evitando di assumere sulla loro situazione attuale qualsiasi, pur possibile, iniziativa che possa danneggiarli, e siamo pronti a fare per loro tutto quello che consentono le leggi dello Stato.
Ma pretendiamo che a strumentalizzare il loro disagio non sia chi li ha messi veramente in queste condizioni.”

Losappio e Disabato: “Con i precari della Regione”

Losappio e Disabato: “Con i precari della Regione”

Dichiarazione congiunta dei presidenti dei gruppi consiliari “La Puglia per Vendola”, Angelo Disabato, e Sel, Michele Losappio.
“Questa mattina i precari della Regione e la Cgil in una conferenza stampa ricorderanno all’opinione pubblica la loro situazione.
Oltre 200 dipendenti a tempo determinato, preziosi quanto gli ‘storici’ ed impegnati negli assessorati e sui fondi europei chiedono anche alla Regione di uscire dal cono d’ombra della precarietà.
Aggrediti dalla sentenza della Corte Costituzionale attivata da Fitto e dal Governo nazionale essi si trovano in una condizione di incertezza lesiva dei propri diritti e nefasta per la Regione.
Ricordiamo che il Consiglio si è già espresso con un documento di indirizzo unanime, chiedendo alla Giunta di avviare con i sindacati un percorso finalizzato non solo a difendere l’attuale status ma a verificare le possibilità, all’interno della normativa, di un avanzamento verso il tempo indeterminato.
In questa direzione intendiamo operare e chiediamo alla Giunta di rispettare la volontà del Consiglio e di attivare le procedure necessarie”./(comunicato)